Così Apollo ordinò ai Greci di andare in Africa
Antica nave greca
20 Ott, 2017

Questo articolo in breve:

  • Grave siccità a Thera (oggi Santorini) e consulto dell’oracolo di Apollo
  • Decisione di spostare parte della popolazione in Africa ed esplorazioni preventive
  • Organizzazione della spedizione (partecipanti sottratti a sorte)
  • Difficoltà ad insediarsi, ritorno in patria e cacciata da parte degli ex-concittadini
  • Fondazione di Cirene e guerra con gli indigeni
  • Riflessioni sui concetti moderni di emigrazione e colonizzazione

Isola di Thera (odierna Santorini), 630 a.C, siccità e carestia colpiscono la comunità da sette anni. La confusione cresce tra gli abitanti. Alla fine una parte importante di cittadini è costretta a emigrare e si trasferisce in Africa. Conosciamo bene la vicenda perché ce ne informa un’ottima fonte, Erodoto di Alicarnasso, il padre della storiografia occidentale.

All’origine, un responso dell’oracolo di Delfi

Andiamo con ordine. Le vita a Thera si svolgeva tranquillamente. Per motivi non del tutto chiari, una delegazione di Therei si recò a Delfi per interrogare l’oracolo di Apollo. Delfi, nella Grecia centrale, ospitava il più illustre santuario del dio: gli antichi convenivano da ogni parte del Mediterraneo per porre domande ad Apollo e ricevere responsi attraverso la Pizia, sacerdotessa e intermediaria divina. Interrogato su altre questioni, l’oracolo disse ai Therei, spiazzandoli, che avrebbero dovuto fondare una colonia in Libia (Libýe, Λιβύη, ovvero il nome con cui i Greci indicavano l’Africa).

La reazione degli isolani, puntualmente riferita da Erodoto, è del più grande interesse:

Una volta tornati, non tennero conto del responso dell’oracolo, non sapendo dove in terra fosse la Libia e non osando inviare una colonia verso l’ignoto. (trad. A. Fraschetti, Mondadori, come le altre che seguono).

Questo è un punto cruciale per capire la distanza che ci separa dagli antichi. Google Maps non esisteva. Cartine e atlanti, come li intendiamo noi oggi, non si sapeva cosa fossero. C’erano solo degli avventurieri che, in epoca arcaica, cominciarono ad inoltrarsi in mari lontani ritornando con vaghe notizie. Tenere presente tale diversità è fondamentale per capire lo stato d’animo con cui i Greci d’allora si spostavano nel Mediterraneo, specie per viaggi lontani.

Il secondo responso dell’oracolo

Il prosieguo del racconto spiega bene ciò che abbiamo detto. Dopo il responso della Pizia, Thera fu colpita da una siccità eccezionale. Sette anni senza pioggia significava un rischio serio per tutti. Interrogato una seconda volta, l’oracolo ribadì che la situazione si poteva sbloccare solo spostandosi in Africa. A questo punto i Therei si misero alla ricerca di qualcuno che conoscesse le rotte per la Libia. Furono mandati emissari a Creta e lì fu trovato un pescatore di porpore, di nome Corobio:

Egli disse che, trascinato dai venti, era arrivato in Libia e, in Libia, nell’isola di Platea. Dietro compenso persuasero Corobio e lo portarono a Tera; da Tera presero il mare alcuni esploratori, dapprima non molti.

L’organizzazione della spedizione

Dopo aver esplorato l’isola di Platea, di fronte alle coste libiche, ed aver lasciato Corobio a presidio dell’isola, i Greci tornarono a Thera, dove fu organizzata la spedizione. La città armò due penteconeri, ovvero navi da cinquanta rematori, e stabilì chi dovesse partire fra i cittadini:

Allora i Terei decisero di inviare un fratello su due tratto a sorte e uomini da tutti i distretti (i distretti erano sette); loro comandante e re sarebbe stato Batto. Così mandarono due penteconteri a Platea.

Da queste parole apprendiamo che, sebbene si parli generalmente di “colonizzazione” e “colonie” fondate dai Greci (come quella di cui stiamo parlando, in Africa), il termine ha in realtà poco a che fare con il fenomeno coloniale promosso dall'Europa in tempi moderni. I Greci partivano quando c’era una difficoltà che impediva loro di restare in patria. In tal senso potremmo parlare di movimenti simili ad emigrazioni. Anche se, come vedremo tra poco, lo scenario entro cui avvenivano tali spostamenti era ben diverso da quello conosciuto oggi.

Il difficile approdo in Africa

Dopo aver tentato di installarsi a Platea, i Greci dovettero arrendersi al fatto che il luogo non era adatto ad essere abitato. Decisero quindi di tornare a Thera, ma qui trovarono un’accoglienza drammatica:

Quando cercarono di sbarcare, i Terei cominciarono a colpirli e non permisero che toccassero terra, ordinando al contrario che navigassero indietro.

Sì, erano proprio i loro ex-concittadini a colpirli. Elementi come questi aiutano a farsi un’idea del quadro di insicurezza in cui si muovevano gli individui d’allora.

La fondazione di Cirene

Tornati indietro, i nostri Greci si stabilirono sulla terraferma di fronte a Platea. Abitarono lì per sette anni, fino a quando Adicarne, il re della comunità libica locale, li accompagnò in un luogo più prospero, dove venne fondata la città di Cirene, destinata a lunga vita. Non si capisce bene il motivo del gesto di Adicarne, ma non è escluso che il re volesse allontanare i Greci dalla propria tribù.
Comunque sia, lo scontro tra autoctoni e nuovi arrivati non tardò ad arrivare. I Cirenei richiamarono nella loro nuova patria altri Greci con la promessa della spartizione delle terre. Il risultato fu un rapido aumento della cittadinanza:

Poiché era confluita a Cirene una grande moltitudine, i circonvicini Libi e il loro re, che si chiamava Adicrane, poiché erano stati privati di molta terra, spogliati del loro territorio e offesi dagli abitanti di Cirene, mandarono messi in Egitto per consegnarsi al re d’Egitto Aprie.

Migranti o coloni?

Se prima abbiamo parlato di “emigranti”, adesso dobbiamo correggerci. Genti che arrivino in un paese abitato da altri, esproprino terre e umilino i locali, non possono chiamarsi che colonizzatori, nel senso più deteriore del termine.

In realtà bisogna concludere che le fondazioni di città greche nel Mediterraneo, da Cirene a Siracusa, da Taranto a Marsiglia, furono qualcosa di diverso da ciò che conosciamo nella storia moderna. Così come la traduzione di molti vocaboli antichi è un travisamento, non avendo le lingue moderne parole (concetti) analoghi, allo stesso modo i movimenti di Greci in epoca arcaica furono qualcosa di radicalmente diverso dalle nostre esperienze recenti.

I Greci si spostavano perché si trovavano in situazioni di crisi (carestie, guerre civili, eccesso demografico). Quindi sbarcavano in nuovi paesi per crearsi delle patrie, non per conquistare territori alle città-madri. Tuttavia avevano una netta superiorità tecnologica e organizzativa (soprattutto militare) sugli indigeni e questo si tradusse spesso in violenza e dominio.

L’esperienza greca ci ricorda che se una comunità è minacciata nella propria esistenza, fugge. Questo è il movente di ogni migrazione, non va scordato. La stessa esperienza ci induce però a riflettere sulla diversa considerazione del “migrante”: nel mondo antico ad aver bisogno di partire poteva essere il più forte.

Foto di Artreve / CC BY .

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