Dioscuri: gli dei che "brillavano" nelle tempeste
Dioscuri: antichi salvatori dei marinai nel mito greco
06 Nov, 2017

Questo articolo in breve:

  • Cosa sono i fuochi di Sant’Elmo
  • Spiegazione scientifica dei fuochi di Sant’Elmo
  • Corretta interpretazione del pensiero mitico greco
  • Dioscuri: antichissimi dei celesti salvatori degli uomini
  • Elaborazione del mito dei Dioscuri
  • Inno di Alceo ai Dioscuri

In natura esiste un fenomeno atmosferico raro e sorprendente, noto come fuoco di Sant'Elmo. Tale fenomeno si presenta per lo più prima di un temporale, quando  possono formarsi dei bagliori blu, simili a delle fiamme, in prossimità di oggetti appuntiti. I fuochi di Sant'Elmo sono conosciuti soprattutto dai marinai, e lo erano ancora di più in passato, per una ragione semplice: gli alti alberi delle imbarcazioni a vela funzionavano come delle antenne, alle cui estremità era più facile che si formassero i bagliori. Vi sono illustri testimonianze di questo insolito avvenimento, da Ariosto a Melville, da Shakespeare a Darwin.

Elmo's fire

La spiegazione fisica dei fuochi di Sant'Elmo

Oggi noi sappiamo che i fuochi di Sant'Elmo sono dovuti a un fatto elettromagnetico. Senza entrare nei dettagli, che ovviamente non ci competono, diciamo che essi possono apparire quando le particelle dell'aria aumentano la propria carica elettrica. Questa ionizzazione, particolarmente intensa vicino a un temporale, si unisce al cosiddetto "potere disperdente delle punte". In pratica, gli oggetti appuntiti presentano una carica elettrica maggiore in prossimità della loro estremità. Oltre ai fuochi di Sant'Elmo, tale caratteristica spiega anche perché i fulmini tendano a cadere su pali, antenne, torri, ecc.

Pensiero mitico e pensiero scientifico

La spiegazione che abbiamo appena dato è perfetta per noi moderni. Probabilmente non capiamo nemmeno cosa significhi "ionizzazione dell'aria", però siamo certi che ogni fenomeno, anche il più stupefacente, abbia delle ragioni scientifiche. Qualcuno le ha studiate e classificate, e questo ci rassicura.

Ora, se vogliamo comprendere gli antichi Greci dobbiamo allontanarci da noi stessi. Dobbiamo sforzarci di capire che i nostri occhi non sono gli unici con cui poter guardare il mondo. Soprattutto, non dobbiamo giudicare sbagliate o infantili visioni della vita prescientifiche. Se lo facciamo, ci sarà impossibile l'immedesimazione e saremo condannati al fraintendimento del mondo antico. Non solo. Perderemo anche il contatto con una parte di noi stessi, quella che non ha mai cessato di stupirsi di fronte a ciò che accade.

Avendo questa premessa in testa, cerchiamo di figurarci cosa doveva provare un uomo greco di duemilacinquecento anni fa, in mare, prima di una tempesta. Le imbarcazioni antiche erano molto più vulnerabili di quelle odierne. Venti e onde potevano rompere gli alberi, abbattere lo scafo o farlo ribaltare. Guardando le nubi, i marinai ammettevano l'eventualità che di lì a poco sarebbero potuti morire annegati.

Immaginiamo poi che, mentre la nave fosse trascinata su e giù, all'improvviso comparissero delle fiamme blu in cima all'albero e alle sartie. Magari accompagnate da un crepitio acuto, che spesso si sente quando si formano i fuochi di Sant'Elmo. Simili circostanze non potevano essere altro che l'apparizione di un dio. O meglio, di due divinità.

I Dioscuri, protettori dei marinai (e non solo)

Le inspiegabili fiammelle blu significavano che la nave era stata raggiunta dai Diòscuri (Διόσκουροι, Diòskuroi), coppia di fratelli divini che avrebbero vigilato sui marinai salvandoli dalla tempesta. Dioscuri è una parola composta da Διός (Diòs, “di Zeus”) e κοῦροι (kùroi,fanciulli): erano dunque "i giovani di Zeus", "i figli di Zeus".

I Dioscuri sono antichissime figure mitiche che dovevano essere presenti già nella cultura indoeuropea. Quest’ultima non è conosciuta direttamente ma è stata ricostruita linguisticamente. Gli studiosi infatti, analizzando decine di lingue antiche e moderne, diffuse dall’India alla Spagna, hanno riconosciuto come queste siano tra loro imparentate e come presuppongano una lingua comune, che le abbia precedute. Tale lingua sarebbe stata parlata da un popolo stanziato tra l’Asia e l’Europa (i cosiddetti Indoeuropei), che a un certo punto avrebbe iniziato a spostarsi sia a Oriente che a Occidente.

Ora, è notevole come nell’antico indiano - lingua indoeuropea come il greco - esista una coppia di gemelli celesti, gli Asvini, con caratteristiche del tutto simili a quelle dei Dioscuri. Si tratta in entrambi i casi di signori dei cavalli, immaginati al galoppo sopra la terra ed il mare, nell’atto di soccorrere gli uomini nei momenti di estremo pericolo.

Dioscuri e Tindaridi a Sparta

Il mito dei Dioscuri era particolarmente fiorente, in Grecia, nella regione del Peloponneso e soprattutto a Sparta. Qui accadde che la figura dei gemelli divini fosse confusa e assimilata con quella dei Tindaridi, ovvero i figli di Tinadaro, antico re spartano.

Naturalmente bisognava spiegare la doppia paternità (figli di Zeus e di Tindaro), cosicché la fantasia ellenica forgiò la seguente leggenda: nella stessa notte Leda, la moglie di Tindaro, si sarebbe unita sia col suo sposo che con Zeus, apparsole sotto forma di cigno. Da quelle unioni sarebbero nati quattro figli: da Tindaro, Castore (Κάστωρ, Kàstor) e Clitemnestra; da Zeus, Polideuce (Πολυδεύκης, Polydèukes, Polluce in latino) ed Elena.

Non bisogna tuttavia credere che “Dioscuri” fossero considerati - e chiamati - i figli concepiti da Zeus (Elena e Polideuce). Nel racconto mitico essi erano invece Castore e Polideuce. Come mai? L’incongruenza dipende dal fatto che siamo in presenza di un mito molto complesso, rielaborato più volte, con racconti diversi, in luoghi distanti tra loro. Gli stessi Castore Polideuce erano antichi eroi locali del Peloponneso, originariamente indipendenti e poi, in un secondo momento, associati ai Dioscuri.

La matassa della storia mitica dei Dioscuri è stata ben analizzata dal prof. Filippo Cassola nella sua introduzione agli Inni omerici ai Dioscuri (XVII, XXXIII, ed. Lorenzo Valla). Comunque, a prescindere dalle trame leggendarie, possiamo asserire che i Dioscuri fossero senz’altro dei “salvatori” (σωτῆρες, sotères), che accorrevano in aiuto degli uomini soprattutto in due circostanze: in mare, durante le tempeste, e nelle mischie delle battaglie, quando la situazione precipitava.

Alceo e i Dioscuri

Tornando ai marinai e ai fuochi di Sant’Elmo, il modo migliore di concludere è quello di lasciare la parola a una bellissima poesia di Alceo, poeta greco dell’isola di Lesbo, vissuto tra il VII e il VI secolo a.C.

Venite qui, lasciate la terra di Pelope,/
forti figlioli di Zeus e di Leda,/
apparite con cuore benevolo, Castore/
e insieme Polluce/
voi che sulla vasta terra e su tutto il mare/
galoppate sopra cavalli di zampe veloci/
e facilmente liberate i mortali/
dalla morte lacrimosa/
balzando sui pennoni delle navi/
da lontano brillate lungo le sartie/
e nella notte cupa portate la luce/
sopra la nera nave.
(Alceo, fr. 34a Lobel-Page, trad. G. Guidorizzi, Mondadori)
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