La nascita di Gesù nei Vangeli canonici e apocrifi
Scena di natività
23 Dic, 2025

I racconti della nascita di Gesù nei vangeli canonici sono sobri e hanno intenti teologici. Nei vangeli apocrifi, pur rimanendo forte l'esigenza di trovare riscontri teologici nell'Antico Testamento, aumentano gli aspetti prodigiosi e narrativi. Queste elaborazioni rispondono a esigenze di fede, difesa dottrinale e devozione popolare. Proprio i racconti dei Vangeli apocrifi hanno influenzanto profondamente l’immaginario cristiano e l’arte del Natale.

Quando pensiamo al Natale, immaginiamo spesso una scena unica e ben definita: la mangiatoia, Maria e Giuseppe, i pastori, i Magi, il bue e l’asino. In realtà, i racconti della nascita di Gesù nei Vangeli non costituiscono un’unica narrazione compatta, ma presentano differenze significative. Alcune delle immagini che più spesso associamo alla natività (la grotta con il bue e l’asino) non trovano alcun riscontro nei Vangeli canonici ma sono attestate, per la prima volta, nei Vangeli apocrifi del II sec. d.C. Capire come e perché queste storie siano state raccontate significa entrare nel cuore della prima riflessione cristiana sul mistero della nascita di Gesù.

Il Vangelo di Matteo (1,18-25)

Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto. Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: "Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; 21ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati".

Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa; senza che egli la conoscesse, ella diede alla luce un figlio ed egli lo chiamò Gesù. Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: "Dov'è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo". All'udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme.

Nel racconto della nascita di Gesù il Vangelo di Matteo, il primo vangelo del canone neotestamentario, è molto avaro di dettagli. Si limita a dire che Gesù nacque. Non dà indicazioni precise su come né su dove questa nascita avvenne. Aggiunge poi una storia un po’ singolare che non ha paralleli negli altri vangeli canonici: la visita dei Magi (Mt 2,1-12).

Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: "Dov'è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo". All'udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme […]. Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella 8e li inviò a Betlemme dicendo: "Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch'io venga ad adorarlo".

Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un'altra strada fecero ritorno al loro paese.

Non è spiegato chi siano esattamente questi Magi (più corretto sarebbe dire “Maghi”, a cui corrisponde il termine greco magos), ma soprattutto la loro venuta è, dal punto di vista narrativo, parecchio slegato dal resto. Nell’economia complessiva del Vangelo di Matteo la nascita di Gesù, il momento esatto del suo venire al mondo, non occupa molto spazio; se poi allarghiamo lo spazio ci rendiamo conto che nell’intero racconto della natività Matteo affianca una serie di episodi (il sogno di Giuseppe, la nascita virginale di Gesù, la venuta dei Magi, la strage degli innocenti, la fuga in Egitto) che non seguono un armonioso sviluppo narrativo, ma procedono invece per giustapposizione.

Il Vangelo di Luca

Molto diverso è invece il racconto del Natale nel Vangelo di Luca (Lc 1,5-2,40). Qui la narrazione è varia e articolata. Si intrecciano due storie, quella della nascita del Battista, che da Luca è presentato come un cugino di Gesù, e quella del concepimento verginale e della nascita di Gesù.

Siamo al tempo di Erode. Dopo la nascita del Battista, Maria e Giuseppe si recano a Betlemme per un censimento ordinato dall’imperatore Augusto. Qui Maria dà alla luce Gesù (Lc 2,6-7):

Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c'era posto nell'alloggio.

I pastori dei dintorni, spinti da un angelo, accorrono alla mangiatoia per vedere il bambino Gesù e rendergli gloria. Dopo alcuni giorni, in obbedienza alla legge giudaica, Gesù è circonciso e presentato al tempio, dove Simeone e la profetessa Anna riconoscono in lui il Salvatore promesso.

I Vangeli di Matteo e Luca a confronto

Sebbene sia possibile riconoscere una comune cornice – la Giudea di Erode, Giuseppe e Maria novelli sposi, l’intervento diretto di Dio attraverso i suoi angeli, la nascita virginale di Gesù, il susseguirsi di eventi prodigiosi, la presenza di testimoni che certificano la grandezza dell’avvenimento – i due evangelisti ci offrono storie parecchio diverse. È diverso il modo in cui impostano il racconto: se in Luca è possibile seguire uno sviluppo lineare che serve a dimostrare il compimento della volontà di Dio, nel Vangelo di Matteo la narrazione è meno coesa e, soprattutto, estremamente sintetica; e diversa è l’ambientazione.

Per Luca Gesù nasce in occasione di un censimento (plausibilmente quello fatto dal legato di Siria Quirinio per ordine di Augusto nel 6 d.C.). In Matteo non si parla del censimento e a governare la Giudea c’è Erode, morto nel 4 a.C. e neppure è spiegato perché Giuseppe e Maria si trovino a Betlemme. Diversi sono anche i testimoni dell’evento. Per Luca i testimoni, che si fanno subito annunciatori della buona notizia, sono i pastori illuminati dall’apparizione di un angelo; in Matteo, con l’evidente volontà di esaltare la regalità di Gesù, sono i Magi dall’Oriente.

Si tratta, insomma, di due racconti della natività tra loro non coincidenti. Eppure, nonostante le profonde differenze, entrambi gli evangelisti esprimono la comune esigenza di spiegare il mistero della venuta al mondo di Gesù Cristo.

Il più antico dei Vangeli, Marco, scritto a cavallo tra gli anni 60 e70 del I secolo d.C., aveva cominciato il suo Vangelo dal battesimo di Gesù nel Giordano e nel corso del racconto non dà nessuna notizia dell’infanzia di Gesù. Pochi anni dopo invece – siamo nel corso degli anni 80 – Matteo e Luca, l’uno indipendentemente dall’altro, avvertono una necessità nuova: raccontare la natività.

Le esigenze teologiche dietro i racconti sulla natività

Cosa è cambiato? Cosa spinge Matteo e Luca a ricostruire gli eventi del Natale? C’è sicuramente una esigenza teologica: dimostrare che la venuta al mondo di Gesù risponde a un preciso disegno divino preannunciato e rintracciabile nelle Scritture. Come fanno per altri momenti della vita di Gesù, gli evangelisti spiegano la vicenda terrena di Gesù alla luce delle Scritture (e, allo stesso modo, interpretano le Scritture alla luce della vicenda di Gesù). Anche la sua nascita deve quindi compiersi secondo le Scritture. Non sorprende allora che sia Matteo che Luca inseriscano nel racconto del Natale alcuni passi veterotestamentari, citandoli direttamente (cf Mt 1,23; 2,6; 2,15; 2,18) o alludendo ad essi (Lc 1,32; 1,46-56; 2,4; 2,29-32 etc.).

Lo stupore per il mistero della natività

Ma non ci sono solo questioni teologiche. C’è anche il desiderio, umanissimo, di raccontare il mistero della venuta del messia. Gli evangelisti scrivono per una comunità di credenti, di persone cioè che hanno abbracciato la fede in Cristo e che per Cristo hanno riorientato la propria vita. Conoscere, attraverso il racconto, come Gesù sia nato è un modo per entrare in contatto con quel Gesù che tanto significa per loro. Il sentimento dello stupore, della meraviglia che attraversa i racconti di Matteo e di Luca è prima di ogni cosa lo stupore gioioso della sua comunità: in Lc 2,15-18 è quantomai evidente:

Appena gli angeli si furono allontanati da loro, verso il cielo, i pastori dicevano l'un l'altro: “Andiamo dunque fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere”. Andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori.

Quale prodigio i pastori abbiano visto nella mangiatoia non è detto. Essi incontrano il bambino e il solo essere testimoni di Gesù li rende partecipi di un prodigio senza pari e rende in loro il desiderio di annunciare quanto hanno veduto. I pastori, esattamente come i confratelli per i quali Luca sta scrivendo, si sentono partecipi di un mistero che non può essere taciuto.

La testimonianza dei Vangeli apocrifi

Entrambi questi aspetti concorrono, nei decenni successivi alla comparsa dei Vangeli sinottici, a riprendere e a sviluppare i racconti della natività di Matteo e Luca. A partire infatti dal II secolo appaiono nuovi vangeli – quelli che la tradizione ha poi genericamente classificato come apocrifi – che sono dedicati ad alcuni specifici momenti della vita di Gesù. Tra questi, interessanti per il nostro discorso sono i cosiddetti “Vangeli dell’infanzia”; in particolare la Natività di Maria (noto anche con il titolo di Protovangelo di Giacomo) e il Vangelo dello Psudo-Matteo. Si tratta di due testi conservati con parecchie varianti e mi è difficile, per ovvie ragioni di spazio, farne qui una presentazione dettagliata: per chi voglia non solo leggerli, ma anche avere di loro un inquadramento storico, letterario e filologico segnalo L. Moraldi (ed.), Tutti gli apocrifi del Nuovo Testamento. I Vangeli, Piemme, Casale Monferrato 1994 e G.Marconi, La nascita del Messia. Indagine sul Protovangelo di Giacomo 17-21, EDB, 2017. In questa sede mi limiterò a osservare il modo in cui essi raccontano il momento della nascita di Gesù.

La Natività di Maria

Venne un ordine dall'imperatore Augusto affinché si facesse il censimento di tutti gli abitanti di Betlemme della Giudea. Giuseppe pensò: "Io farò recensire tutti i miei figli; ma che farò con questa fanciulla? Come farla recensire? Come mia moglie? Mi vergogno. Come mia figlia? Ma, in Israele tutti sanno che non è mia figlia. […] Sellò l'asino e vi fece sedere Maria: il figlio di lui tirava la bestia e Giuseppe li accompagnava. […] Quando giunsero a metà strada, Maria gli disse: "Calami giù dall'asino, perché quello che è in me ha fretta di venire fuori". La calò giù dall'asino e le disse: "Dove posso condurti per mettere al riparo il tuo pudore? Il luogo, infatti, è deserto".

Trovò quivi una grotta: ve la condusse, lasciò presso di lei i suoi figli e uscì a cercare un’ostetrica ebrea nella regione di Betlemme. Io, Giuseppe, camminavo e non camminavo. Guardai nell'aria e vidi l'aria colpita da stupore; guardai verso la volta del cielo e la vidi ferma, e immobili gli uccelli del cielo; guardai sulla terra e vidi un vaso giacente e degli operai coricati con le mani nel vaso: ma quelli che masticavano non masticavano, quelli che prendevano su il cibo non l'alzavano dal vaso, quelli che lo stavano portando alla bocca non lo portavano; i visi di tutti erano rivolti a guardare in alto. Ecco delle pecore spinte innanzi che invece stavano ferme: il pastore alzò la mano per percuoterle, ma la sua mano restò per aria. Guardai la corrente del fiume e vidi le bocche dei capretti poggiate sull'acqua, ma non bevevano. Poi, in un istante, tutte le cose ripresero il loro corso» (Natività di Maria 17,1-18,3).

Con una scena che ricorda le teofanie pagane, persino la natura è stupita e partecipa al mistero, sospendendosi in una sorta di pausa cosmica. Ma il racconto continua. Giuseppe trova una levatrice che aiuti Maria. Alla notizia del concepimento verginale la levatrice è titubante, ma quando vede la grotta avvolta da una nube di luce

«La ostetrica disse: "Oggi è stata magnificata l'anima mia, perché i miei occhi hanno visto delle meraviglie e perché è nata la salvezza per Israele". Subito dopo la nube si ritrasse dalla grotta, e nella grotta apparve una gran luce che gli occhi non potevano sopportare. Poco dopo quella luce andò dileguandosi fino a che apparve il bambino: venne e prese la poppa di Maria, sua madre. L'ostetrica esclamò: "Oggi è per me un gran giorno, perché ho visto questo nuovo miracolo".

Il parto prodigioso ha avuto una testimone ebrea che può certificare che il miracolo è realmente avvenuto, ed è avvenuto secondo le Scritture. Ma non basta.

«Uscita dalla grotta l'ostetrica si incontrò con Salome, e le disse: "Salome, Salome! Ho un miracolo inaudito da raccontarti: una vergine ha partorito, ciò di cui non è capace la sua natura". Rispose Salome: "(Come è vero che) vive il Signore, se non ci metto il dito e non esamino la sua natura, non crederò mai che una vergine abbia partorito"». Interviene così un secondo testimone, che vuole verificare che la concretezza della verginità di Maria. Perciò: «Entrò l'ostetrica e disse a Maria: "Mettiti bene. Attorno a te, c'è, infatti, un non lieve contrasto". Salome mise il suo dito nella natura di lei, e mandò un grido, dicendo: "Guai alla mia iniquità e alla mia incredulità, perché ho tentato il Dio vivo ed ecco che ora la mia mano si stacca da me, bruciata". […] Ed ecco apparirle un angelo del Signore, dicendole: "Salome, Salome! Il Signore ti ha esaudito: accosta la tua mano al bambino e prendilo su, e te ne verrà salute e gioia". Salome si avvicinò e lo prese su […] e subito fu guarita e uscì dalla grotta giustificata» (Natività di Maria 19,2-20,4).

Anticipando quanto Tommaso farà con il Gesù risorto, Salome comprende la natura divina di Gesù “toccando con mano” il mistero divino.

Il Vangelo dello Pseudo-Matteo

Ancora più ricco di dettagli è il Vangelo dello Pseudo-Matteo (13,1-14,1):

Dopo un certo periodo accadde che si facesse un censimento a motivo di un editto di Cesare Augusto, e tutta la terra si fece iscrivere, ognuno nella sua patria. Questo censimento fu fatto dal preside della Siria, Cirino. Fu dunque necessario che Giuseppe, con Maria, si facesse iscrivere a Betlemme […]. Mentre Giuseppe e Maria camminavano lungo la strada che conduce a Betlemme, Maria disse a Giuseppe: "Vedo davanti a me due popoli, uno piange e l'altro è contento". Giuseppe le rispose: "Stattene seduta sul tuo giumento e non dire parole superflue".

Apparve poi davanti a loro un bel giovane vestito di abito bianco, […] l'angelo ordinò di fermare il giumento, essendo giunto il tempo di partorire; comandò poi alla beata Maria di discendere dall'animale e di entrare in una grotta sotto una caverna nella quale non entrava mai la luce ma c'erano sempre tenebre, non potendo ricevere la luce del giorno. Allorché la beata Maria entrò in essa, tutta si illuminò di splendore quasi fosse l'ora sesta del giorno. La luce divina illuminò la grotta in modo tale che né di giorno né di notte, fino a quando vi rimase la beata Maria, la luce non mancò.

Qui generò un maschio, circondata dagli angeli mentre nasceva. Quando nacque stette ritto sui suoi piedi, ed essi lo adorarono dicendo: "Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà". Era infatti giunta la nascita del Signore, e Giuseppe era andato alla ricerca di ostetriche. Trovatele, ritornò alla grotta e trovò Maria con il bambino che aveva generato. Giuseppe disse alla beata Maria: "Ti ho condotto le ostetriche Zelomi e Salome, rimaste davanti all'ingresso della grotta non osando entrare qui a motivo del grande splendore". A queste parole la beata Maria sorrise. Giuseppe le disse: "Non sorridere, ma sii prudente, lasciati visitare affinché vedano se, per caso, tu abbia bisogno di qualche cura". Allora ordinò loro di entrare.

Entrò Zelomi; Salome non entrò. Zelomi disse a Maria: "Permettimi di toccarti". Dopo che lei si lasciò esaminare, l'ostetrica esclamò a gran voce dicendo: "Signore, Signore grande, abbi pietà. Mai si è udito né mai si è sospettato che le mammelle possano essere piene di latte perché è nato un maschio, e la madre sia rimasta vergine. Sul neonato non vi à alcuna macchia di sangue e la partoriente non ha sentito dolore alcuno. Ha concepito vergine, vergine ha generato e vergine è rimasta". All'udire questa voce, Salome disse: "Permetti che ti tocchi e sperimenti se è vero quanto disse Zelomi". Dopo che la beata Maria concesse di lasciarsi toccare, Salome mise la sua mano. Ma quando ritrasse la mano che aveva toccato, la mano inaridì e per il grande dolore incominciò a piangere e ad angustiarsi […] Mentre così parlava apparve a fianco di lei un giovane di grande splendore, e le disse: "Avvicinati al bambino, adoralo, toccalo con la tua mano ed egli ti salverà: egli infatti è il Salvatore del mondo e di tutti coloro che in lui sperano". Subito lei si avvicinò al bambino e, adorandolo, toccò un lembo dei panni nei quali era avvolto, e subito la sua mano guarì.

Uscendo fuori incominciò a gridare le cose mirabili che aveva visto e sperimentato, e come era stata guarita; molti credettero a causa della sua predicazione. […]

Tre giorni dopo la nascita del Signore nostro Gesù Cristo, la beatissima Maria uscì dalla grotta ed entrò in una stalla, depose il bambino in una mangiatoia, ove il bue e l'asino l'adorarono. Si adempì allora quanto era stato detto dal profeta Isaia, con le parole: "Il bue riconobbe il suo padrone, e l'asino la mangiatoia del suo signore". Gli stessi animali, il bue e l'asino, lo avevano in mezzo a loro e lo adoravano di continuo. Si adempì allora quanto era stato detto dal profeta Abacuc, con le parole: "Ti farai conoscere in mezzo a due animali".

Sinottici e apocrifi a confronto

Emerge subito, in entrambi i racconti, come l’elemento narrativo abbia preso il sopravvento su quello teologico. Prevale infatti la volontà di offrire dettagli che possano stupire, che possano soddisfare le curiosità dell’uditorio e rendere a parole il prodigioso, ineffabile miracolo della nascita di Gesù: se Luca e Matteo si erano fermati sulla soglia della mangiatoia (o della casa) e non avevano osato affacciarsi per vedere (e descrivere) quanto accadeva all’interno, gli autori dei due apocrifi quella soglia la varcano e, con rispetto e meraviglia, accompagnano il lettore fino al letto ove giace Maria.

Tutto si è compiuto secondo le Scritture

Eppure non c’è solo il desiderio di ampliare il racconto esaltandone il carattere sovrannaturale. C’è anche l’intento di dimostrare come tutto si sia compiuto secondo le Scritture – l’aggiunta della presenza delle levatrici e, ancor più, di quella del bue e dell’asino servono a dare nuove conferme veterotestamentarie al carattere messianico dell’evento. Non meno importante è anche lo sforzo di armonizzarsi con i racconti di Luca e Matteo: ad esempio, l’ambientazione della nascita nella grotta – un dato assente nei Sinottici, introdotto per accentuare il contrasto buio-luce, forse anche in polemica con i culti mitraici molto diffusi nel II e III secolo – è unito, nel Vangelo dello Pseudo-Matteo, a un trasferimento della sacra famiglia in una mangiatoia per allinearsi al racconto lucano.

L’ironia dei contestatori del cristianesimo

Emerge, infine, un’esigenza che, minima quando furono scritti i Sinottici, diventa sempre più urgente nel corso dei decenni successivi: difendersi dagli attacchi provenienti dagli ambienti pagani. L’immacolata concezione diventa presto un tema importante per la prima cristianità; è però anche sottoposto alle ironie dei contestatori del cristianesimo: sappiamo, tramite Origene, un importante scrittore cristiano del III secolo, che circolavano pamphlet anticristiani in cui si metteva in dubbio la nascita verginale e si affermava, per screditare il cristianesimo, che Gesù fosse il frutto di un rapporto occasionale di Maria con un soldato romano. Costruire allora un racconto, come quelli qui riportati, in cui si accentua la distanza anagrafica tra Giuseppe e Maria e in cui la condizione della Madonna è comprovata dalle levatrici, testimoni oculari e “tattili”, è un modo per difendere la tradizione del parto virginale.

I Vangeli apocrifi e la religiosità popolare

Con i racconti apocrifi della natività siamo, insomma, di fronte a una delle testimonianze più vive del cristianesimo primitivo. Estranei alle più complesse riflessioni filosofiche e teologiche della patristica, essi hanno per secoli alimentato, con freschezza e fantasia, la religiosità popolare e hanno ispirato, con i loro numerosi dettagli, tutta l’arte figurativa cristiana. Ancora ogni anno entrano nelle nostre case, proprio nei giorni in cui allestiamo i nostri presepi popolati da figure e personaggi nati dall’anonima mano degli autori di questi meravigliosi racconti della natività di Gesù.

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